Editoriale
del primo numero


Abbiamo inteso sempre l'internazionalismo come dimensione psichica di base per qualsiasi forma di radicalità. Così abbiamo fatto per la Palestina, l'Irlanda, i Paesi Baschi, il sud america. Non ci interessavano le rivendicazioni identitarie di quei popoli quanto piuttosto la messa in rete dell'antagonismo, la solidarietà di quello che per necessità di sintesi continuieremo a chiamare proletariato, ci interessava la possibilità un antagonismo planetario dal basso. Considerare l'altro come frammento su cui costruire un società fondata sulla valorizzazione delle differenze, tassello impagabile per un'intelligenza collettiva emergente che rifiuti lo sfruttamento in ogni sua forma.
Il sub-comandante Marcos ci ha insegnato qualcosa, quando ha deciso di chiamare il convegno del 1996 in Chiapas "Conferenza Intergalactica per l'umanità contro il neoliberismo". Ha messo in chiaro che l'internazionalismo endoplanetario è solo frutto di una miopia storica che immagina un capitale lavorare solo al "piano terra"; e che invece l'altro è ovunque, in ogni galassia. E che comunque è necessario vedere un'altro orizzonte, assumere sempre posizioni decentrate. (Forse non è un caso che l'incontro "internazionale" tenuto quest'anno in Spagna abbia avuto un successo minore: forse le cellule dissidenti dell'Alien Nation non si sono sentite graditi ospiti?)
Il capitale acefalo va ormai investendo sempre più aldilà della nostra atmosfera. Non solo con un imponente sistema satellitare, navi spaziali russo-americane, soldi pubblci spesi a beneficio dell'ESA o della NASA, ma anche con investimenti imponenti nel mantenimento dello spettacolo a livello endoplanetario: cinematografia spielberghiana, x-files televisivi, false missioni spaziali su Marte o programmi di debunking scientifico come il SETI.
Possiamo considerare la scoperta del buco nell'ozono non solo il primo segnale del fallimento del integrazione ecologica dell'economia su terra, ma anche il momento di apertura di un canale di fuga extraterreste per il pancapitalismo.
E' allora necessario confrontarsi su territori più avanzati. Fare rete non solo a livello di crosta terrestre, ma anche con quelle entità non fedeli al principio di non interferenza che periodicamente visitano il nostro pianeta con l'obiettivo di una evoluzione in senso comunista dei rapporti esistenti.
Se le navi della dissidenza aliena vengano abbattute periodicamente dalle forze militari (a cosa servirà effettivamente il progetto Miracl?) è allora necessario gestire i rapporti dal basso (10-100-1000 Aree 51 occupate e autogestite), senza passare per le istituzioni dell'ufologia borghese, sempre tese alla riconversione dell'alterità in merce tecnica o spettacolare che sia. Vale per il terzo mondo sfruttato (sia nei corpi: basso costo della manodopera, sia nelle immagini dei corpi: rivenduti come merce immateriale nei telegiornali), vale per gli extraterrestri (defraudati di tecnologia avanzata e rivenduti, opportunamente raffinati, sulle riviste specializzate, o in telefilm da il pime-time).
E allora, come non si è mai pensato di passare per i governi o gli stati nell'organizzazione di una rete internazionalista, è ora necessario un contattismo autonomo, autogestisto, dal basso.
E' giunto il momento di portare il conflitto, lì dove nessun umano è mai giunto prima.
E' giunto il momento di estendere la rete antagonista a livello interplanetario, poichè, ove più avanzati sono i livelli tecnologici e più incerta la gestione dei rapporti a livello di capitale-terra, maggiori sono le contraddizioni e le possibilità di trasformazione radicale dell'esistente.

UFO AL POPOLO