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Make Kaos Not Pub

  
Il movimento antipub è una rete di gruppi francesi che ha come obiettivo la difesa dello spazio pubblico dall'invasione della pubblicità. Attraverso azioni di sabotaggio sulla cartellonistica gli antipub esprimo il rifiuto di qualsiasi forma di comunicazione mercantile.
Le recenti azioni nella metropolitana di Parigi sono costate al gruppo una serie di denunce e la richiesta di risarcimento per 1 milione di euro da parte della concessonaria pubblicitaria.
In loro difesa sono scesi in campo personaggi del calibro di Oliviero Toscani e Frédéric Beigbeder.

Per saperne di più:
Action Stop Pub


guerrigliamarketing.it ha incotrato gli antipub parigini in diverse occasioni e iniziato con loro un proficuo dialogo
questa è un intervista che ci siamo reciprocamente concessi

gm>>
Partiamo da quella che sembra la questione centrale per tutti coloro che si muovono sul terreno della comunicazione "alternativa": la necessità di individuare linguaggi e codici che non possano essere riassorbiti nel circuito dell'economia capitalista.
Negli ultimi tempi la comunicazione pubblicitaria sembra aver sviluppato strategie di monitoraggio che rendono sempre più brevi i tempi attraverso cui la creatività sociale viene sussunta e riarticolata nel mercato. Cosa ne pensate?

ap>>
La nostra sfida è quella di trovare linguaggi che il capitalismo non possa riassorbire, essere sempre un passo avanti. In questo senso riteniamo che l'estetica anti-pub non sia riassorbibile. Dopo la comparsa degli antipub, ad esempio, un'agenzia pubblicitaria ha proposto alla concessionaria pubblicitaria per la Metro di Parigi una serie di manifesti sulla cui superficie erano già presenti scritte in stile writers, ma la Metro si è rifiutata di accettare questi manifesti. Voi sembrate seguire invece un percorso speculare: scegliere linguaggi che possano essere facilmente riassorbiti e riprodotti dal mercato, inserendovi però degli elementi di autodistruzione, giusto?

gm>>
Noi partiamo dalla convinzione la questione del recupero sia un falso problema. L'attuale dominio economico-spettacolare, al di là delle sue manifeste debolezze, investe l'interezza delle nostre vite, i nostri corpi e tutte le nostre produzioni. Ma questo dominio si alimenta e progredisce proprio grazie alla sua capacità di recuperare e rimodulare ogni elemento di critica e di negazione che viene dal suo corpo sociale. In questo processo, che è il processo della sua riproduzione, si trova necessariamente a dover incorporare in sé anche elementi di conflitto e di critica che sono potenzialmente distruttivi. Già negli anni '60 Edgar Morin evidenziava come l'industria culturale fosse costretta, per autoriprodursi e per conservare intatto il proprio potere, a utilizzare sempre più spesso elementi di innovazione per rendere appetibili i suoi prodotti. Un filosofo come Frederic Jameson ha messo in luce ormai da tempo la coesistenza nella cultura di massa di elementi utopici accanto a elementi reificanti.
Ci sembra che nelle frontiere più avanzate della comunicazione e in particolar modo nel marketing e nella pubblicità questa contraddizione si stia rendendo sempre più visibile. Il marketing è sempre più spesso costretto a concatenare ai prodotti che pubblicizza valori in contraddizione con l'essenza stessa del capitalismo. Guardiamo i recenti spot della IBM: per spingerci ad acquistare la sua nuova linea di personal computer, l'IBM utilizza come valore positivo la fuga dal lavoro. La nostra proposta è quella di accelerare l'evolversi di queste contraddizioni, spingendo il marketing a ricorrere a immaginari e pratiche sempre più estremi e conflittuali.

ap>>
Forse il vostro approccio, piuttosto che speculare, è complementare a quello di antipub. Le azioni antipub comunicano su diversi piani contemporaneamente.
Il primo livello è quello della negazione spontanea, un gesto di rifiuto e di ribellione, un'azione liberatoria: hai visto quella pubblicità ogni fottuto giorno per mesi e per la prima volta ti senti libero di reagire a questo bombardamento.
Poi c'è un secondo livello, che si sviluppa a seconda della sensibilità dei singoli che partecipano alle azioni e del contesto di ogni singola azione. In alcuni casi, infatti, ci sono state operazioni di detournement degli slogan pubblicitari e azioni pittoriche e visive anche molto elaborate, ma non sempre si ha abbastanza tempo per permettersi un lavoro di questo genere. Antipub, inoltre, è un movimento collettivo, spontaneo e in gran parte autorganizzato, quindi esprime necessariamente posizioni molto differenziate se si entra nel merito delle singole questioni.
Di fatto, dopo oltre due secoli, non possiamo che constatare l' estrema capacità di trasformazione del capitalismo. E' questa sua incredibile capacità di adattamento, la facoltà di integrare e assimilare la sua critica che gli permette di sopravvivere e di essere quello che è oggi: una 'macchina da guerra' senza nemici comparabili da fronteggiare. Pensiamo tuttavia che il sistema liberale in alcuni momenti della sua esistenza tende a sclerotizzarsi ed a perdere (provvisoriamente o meno) la sua capacità di fagocitare tutto.
Cosi, ad esempio, succede che un colosso come Publicis, quarto gruppo mondiale per la comunicazione pubblicitaria, si è rivelato del tutto incapace di rispondere all'ondata di forte simpatia che le nostre azioni hanno suscitato nei Media e nell'opinione pubblica.
Nella nostra dis-organizzazione abbiamo deliberatamente optato per la forma del rizoma così com'è sviluppata da Deleuze e Guattari in 'Mille Piani': "non seminate mai, scavate! Non siate uno, né multiplo, siate delle molteplicità! Fate la linea, mai il punto! La velocità trasforma il punto in linea! Siate rapidi anche da fermi!" Sappiamo bene, quindi, che corriamo il rischio del collasso e della nostra stessa sclerotizzazione, e proprio per questo sappiamo anche che entro breve sposteremo in avanti la linea del conflitto, porteremo avanti nuove ribellioni e sovversioni e che ci toccherà aprire un nuovo fronte di conflitto, più immaginativo, più esigente e più imprevisto di quello dell'antipub, con il quale portare un attacco rinnovato all'ordine costituito dallo spettacolo e del capitale.

gm>>
Come vi relazionate con i media che si occupano del vostro movimento?

ap>>
Su questo punto c'è stata un'evoluzione molto interessante all'interno del gruppo antipub. Con la moltiplicazione degli articoli, servizi, contatti con i giornalisti ecc. ecc. ci siamo resi conto che il nostro rapporto con l'informazione era a doppio taglio. Da un lato noi usufruivamo della visibilità che ci assicuravano media e operatori dall'informazione, ma dall'altro ci rendevamo conto che gli altri traevano profitto dalle nostre azioni: il giornalista che vendeva il suo pezzo, il telegiornale che mandava le riprese dell'azione, ecc. ecc. Così abbiamo deciso di tentare di invertire il flusso economico di questa comunicazione, facendo sì che il denaro che deriva dal lavoro giornalistico legato alle nostre azioni finisse a noi prima che ad altri. Ora quindi cerchiamo di essere noi in prima persona a scrivere pezzi, vendere fotografie ecc.
Dato che produciamo notizie e che le notizie hanno un valore economico, vogliamo essere retribuiti per questo!

gm>>
Esatto. Per noi il "recupero" è semplicemente un processo di valorizzazione del capitalismo che parte dalle pratiche e dai linguaggi del conflitto. Mentre i movimenti innovano i linguaggi, il capitalismo si impossessa dell'innovazione. Ma se ogni innovazione dei linguaggi viene recuperata dal sistema e se non si vuole che il sistema tragga alimento dalla creatività sociale, le alternative diventano due. O si rinuncia all'innovazione attraverso la proposta di un immaginario statico come quello, legittimo, di alcuni gruppi marxisti-leninisti o delle comunità hippie, oppure è necessario individuare delle nuove forme di rigidità rispetto al produzione sociale creativa. La nostra proposta è quella di trovare delle forme per poter contrattare sull'unico piano che il "sistema" sostiene di accettare: quello economico. Poiché è l'agire quotidiano produce valore non si capisce per quale ragion non reclamare un reddito universale anche a partire dal nostro essere innovatori, riproduttori e consumatori.
Molti rifiutano questo discorso perché si illudono di essere totalmente altro dall'economia, in quanto attivisti politici o artisti anticonformisti. Non si rendono conto che sono proprio loro quelli che prestano il miglior servizio all'innovazione dell'immaginario capitalista.




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